Trama della Norma di Vincenzo Bellini
Di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani
Il compositore, ai primi del 1831, avendo l'incarico per un'opera nuova che aprisse la stagione alla Scala di Milano, con il suo
librettista di fiducia, cominciò a cercare un soggetto che affascinasse il pubblico, ma che si adattasse perfettamente sui
cantanti che aveva a disposizione
La scelta cadde su un lavoro teatrale appena rappresentato: la tragedia di Alexandre Soumet, "Norma ou l’infanticide",
che era andata in scena, con grande successo, al Théà¢tre Royal de l’Odéon di Parigi.
Bellini e Romani rimaneggiarono i temi che rendevano romantica la storia, mantenendola però nei binari della tradizione classica che risaliva
all’antica tragedia greca.
Caricarono la trama di maggiori elementi rituali che i Celti officiavano nella sacra foresta druida, avvicinarono al pubblico il tema della
sacerdotessa che infrange per amore i suoi voti, tema in voga nel primo Ottocento, modificando il finale.
Nel dramma del francese Norma compie l’infanticidio e si getta, impazzita per il rimorso, dall’alto di una rupe, mentre nella sua Norma, Bellini fa in modo che la generosità d'animo di Norma ne faccia un'eroina.
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Atto I
Scena I - Foresta Sacra dei DruidiUna processione di Galli si reca all’altare d’Irminsul dove,
il gran sacerdote Oroveso, annuncia l’arrivo di Norma, la sacerdotessa sua figlia, che compirà il sacro rito in omaggio alla divinità lunare.
I Galli intonano un coro col quale esprimono la volontà di liberarsi dal giogo degli oppressori romani.
Allontanatisi i Galli, giunge il Proconsole Romano Pollione, che da lungo tempo è segretamente legato a Norma, dalla quale ha avuto due figli, ma,
all’amico Flavio confida ora di essere innamorato di Adalgisa, giovane sacerdotessa d’Irminsul, e di temere per
questo l’ira e la vendetta di Norma.
Annunciata dal coro giunge Norma, che rimprovera ai Galli l’impazienza di sollevarsi contro i Romani: l’ora della
rivolta non le è ancora stata comunicata dagli dèi e leva una preghiera alla luna (“Casta diva, che inargenti”),
prima di congedare i Galli, che si allontanano invocando il giorno della vendetta.
Nella sacra foresta rimane solo Adalgisa, che viene subito raggiunta da Pollione. Questi la invita ad abbandonare le sue divinità e a seguirlo a Roma (“Va, crudele, al Dio spietato”); la fanciulla dapprima è incerta, ma poi promette all’amato che l’indomani fuggirà con lui.
Scena II - Abitazione di Norma
Norma confida all'amica Clotilde che Pollione è stato richiamato a Roma ed esprime il timore che il romano abbandoni lei ed i figli.
Intanto entra Adalgisa che confida a Norma il suo colpevole amore che la spingono ad infrangere i voti sacerdotali.
Senza rivelarle l’identità dell’amato, la fanciulla le narra il primo incontro (“Sola, furtiva, al tempio”).
Norma, commossa, poiché il racconto le ricorda i primi tempi dell’amore di Pollione, scioglie Adalgisa dai suoi voti e la saluta,
invitandola a vivere liberamente con l’amato.
L'arrivo inaspettato di Pollione e la reazione di Adalgisa fanno capire a Norma come stanno le cose e, infuriata,
mette in guardia la fanciulla dall’infedeltà del romano (“Oh, non tremare, o perfido”).
Adalgisa, sconvolta dalla rivelazione del legame tra Norma e Pollione, rimprovera a quest’ultimo di averla ingannata e rifiuta di seguirlo.
Il coro dei druidi, intanto, richiama Norma alla celebrazione dei sacri riti; Pollione si allontana, furente, e Adalgisa annuncia a Norma che vuole rinunciare al proprio amore.
Atto II
Scena I - Abitazione di Norma
Norma è decisa a vendicarsi uccidendo i figli avuti da Pollione; ma quando entra, nottetempo, nella stanza in cui dormono i fanciulli brandendo un
pugnale, il coraggio le manca.
Manda a chiamare Adalgisa e le affida i figli (“Deh, con te, con te li prendi”), pregandola di portarli
all’accampamento romano. Lei ha deciso di morire.
Adalgisa tenta di dissuaderla, promettendo d’intercedere in suo favore presso il romano, al quale lei ha rinunciato.
Commossa, Norma l’abbraccia e le assicura la sua eterna amicizia.
Scena II - Foresta Sacra dei Druidi
Nella sacra foresta Oroveso annuncia ai Guerrieri Galli la prossima partenza di Pollione, che verrà sostituito da un proconsole ancor più temibile, ma dal momento che Norma non ha ancora dato il segnale della rivolta, invita tutti a fingere serenità e ad attendere con pazienza
l’ora dell’insurrezione (“Ah, del Tebro al giogo indegno”).
Norma, intanto, coltiva la speranza che Pollione torni da lei, ma Clotilde le rivela che il proconsole ha deciso di rapire Adalgisa e portarla con sé.
Per vendicarsi Norma chiama a raccolta i Guerrieri Galli e dice loro che è finalmente l’ora di ribellarsi a Roma.
Gli astanti inneggiano alla rivolta (“Guerra, guerra!”).
Oroveso chiede a Norma il nome della vittima designata al sacrificio propiziatorio richiesto
dagli dèi, quando i guerrieri portano in scena Pollione sorpreso nel sacro recinto delle vergini.
Norma vorrebbe dapprima uccidere il romano sacrilego, ma poi allontana tutti col pretesto d’interrogare il prigioniero,
per scoprire l’identità della sacerdotessa sua complice.

Rimasta sola con Pollione, Norma gli intima di abbandonare Adalgisa in cambio della vita (“In mia man alfin tu sei”);
l'uomo prima rifiuta, ma poi, di fronte alla minaccia di uccidere i due figli e mandare al rogo Adalgisa, accetta le condizioni
impostegli dalla sacerdotessa.
Norma richiama i guerrieri e i sacerdoti Galli e annuncia loro d’aver scoperto il nome della colpevole. Tra lo stupore e
la costernazione generale accusa sè stessa del tradimento e ordina che venga eretto il rogo sul quale andrà a morte.
Prega Oroveso di prendersi cura dei figli (“Deh, non volerli vittime”) e si avvia verso il rogo, mentre Pollione,
resosi conto d’amare ancora quella donna generosa e sublime, la segue unendosi al suo tragico destino.
Edgardo, che non può vivere senza di lei, estrae il pugnale se lo immerge nel cuore.
Tutti si precipitano per fermarlo, ma è troppo tardi.