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SINDACO DI LISBONA



Il sindaco di Lisbona

Premesso, che chiunque pretenda
di decidere anche solo un minuto
della vita di altri o della sua
è la più vergognosa delle persone,
io l'unica carica pubblica che vorrei
è essere il Sindaco di Lisbona
O Presidente da Càsmara
e stare in Prasa do Municipio
e rispondere al telefono 213 227 000
tutto il giorno, risolvere ogni problema
e di notte, andare a mettere a posto
tutti i marciapiedi, ogni cubetto di porfido bianco
che esca dalla sede, e poi pentirmi
e farli rompere di nuovo il giorno dopo
perchè la poetica della città
è nella sua bianca splendente decadenza
come quella volta
che nella salita do Galvàso
per evidenziare una buca enorme
visto che non avevano i cartelli
hanno messo un ramoscello che usciva
e allora i pullman gialli
ci giravano intorno
ecco, io quei pullman gialli
li guiderei tutti io
e anche tutti i taxi blu
e tutti i tram per tutte le linee
su tutte le colline
e poi a Belém giocherei
su tutti i campi verdi
tutti con la stessa maglietta incarnata
di Mantorras o di Rui Costa
e sarei tutte le guide di tutti i turisti
e direi, come sto dicendo, a tutti loro
oh nao ser eu toda a gente e toda a parte
citando tutti i film
da Wim Wenders a Paul Auster
mostrando tutti posti
dagli spazi tristi agli slanci enormi
portandoli nella Prasa do Comercio
piangerei ogni volta, ogni pomeriggio
a vederla di nuovo,
con gli scalini che degradano nel mare
perchè io sono un sindaco paternalista
un pasticcione tutto cuore
tutto sudato con tutti i problemi
di una città di milioni di persone
che se anche una sola di loro quel giorno
non è felice stando a Lisbona
io mi sento male
i crampi allo stomaco
non riesco a mangiare
io sono tutt'uno
con Lisbona, l'unica città
dove mai si è pensato
che una persona possa confondersi e diventare
parte dei muri, delle strade
come scriveva Pessoa
come nel film Alice
io andrei nei bairro degradati
per farmi insieme ai drogati
parlerei agli storpi
agli ingressi della metropolitana
direi non so, la vita è così
del resto, nessuno può rinunciare
per quanto sia grande il suo dolore
alla coscienza di essere quello che è
e io sarei un dittatore
per troppo amore
dovrei cambiare casa tutte le sere
anche per vederle tutte
ma nel sonno mi dovrebbero portare
aldilà del fiume per avere il piacere
ogni mattina di prendere la nave
come un pendolare, ed entrare in città
dal Terreiro do Paso, come faceva l'imperatore
quando tornava a casa dopo una guerra
e dopo tutto questo, dopo tutto quanto
finirei sotto il ponte del 25 aprile
per parlare almeno un minuto con Adriana,
di com'è stasera la luna.

Testo di: Edoardo Dezani


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