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Cos'é lo Spazialismo Transgeometrico?

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I concetti di spazio e tempo nella storia dell’arte hanno da sempre esercitato un fascino particolare per artisti e teorici divenendo, in alcuni casi, delle vere e proprie colonne portanti per la produzione di idee e intuizioni che hanno contribuito all’avanzamento del pensiero e alla nascita di nuovi interrogativi.

Per comprendere l’universo adimensionale di Agathos è necessario esplorare nozioni e modelli lontani dal mondo dell’arte, testimonianti la sua contemporaneità e capacità di fondere, con un lessico artistico originale, la scienza e l’arte.

Con il suo corredo di rivoluzioni scientifiche, il secolo breve è stato, tuttavia, portatore di lacerazioni e strappi tra il mondo scientifico e il senso comune.

Carlo Franzoso

 L’artista e scienziato Carlo Franzoso, da pensatore eretico, cerca con la sua produzione di ricucire questi strappi costruendo un lessico artistico-matematico che mira alla creazione di un sistema che oggettiva la relatività del pensiero, superando, di fatto, il dualismo da sempre presente fra oggettività e relativismo e ponendo al centro della sua azione lo spettatore, elemento essenziale dell’opera d’arte.

Per realizzare questo suo progetto, tuttavia, occorre sgomberare il campo dalle ambiguità epistemologiche presenti.

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Il primo elemento da demolire è quell’alone di verità metafisica che accompagna da sempre la matematica la quale, contrariamente a quanto percepito dal senso comune, si regge su principi indimostrabili che necessitano esclusivamente di una fede cieca da parte dell’utilizzatore.

Questa fede cieca subisce nel 1931 una clamorosa battuta d’arresto quando Kurt Gödel porta a conoscenza della platea scientifica due teoremi, detti “di incompletezza”, che sembrano far sgretolare le certezze sino ad allora acquisite.

La soluzione a cui approda Agathos è la logica fuzzy, un sistema logico-matematico che sostituisce il principio di verità con quello di adeguatezza e permette di attribuire a ciascuna proposizione un grado di verità compreso fra 0 e 1.

Scompare, quindi, dal lessico dello scienziato e dell’artista un concetto che per secoli ha occupato la loro ricerca: la verità.

La verità non è però la sola vittima di questa nuova visione del mondo.

La scienza del XX secolo ha rivoluzionato i concetti di spazio e tempo.


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Con l’avvento delle teorie einsteiniane sulla relatività si scopre che lo spazio non è più una componente piana a profondità zero, ma si trasforma in qualcosa di elastico, che viene deformato dalla presenza di una massa e si scopre, all’improvviso, l’inadeguatezza della geometria euclidea per descrivere l’universo.

Al contrario, si dimostra essere uno strumento utile la geometria ideata da Bernhard Riemann, una geometria che nasce da una lacerazione, ossia dalla negazione del quinto postulato di Euclide.

L’applicazione pratica conduce all’abbandono dell’interpretazione spaziale sulla base delle sole tre dimensioni.

Lo spazio transgeometrico

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Lo spazio si trasforma in qualcosa di curvo per la cui rappresentazione viene impiegato un diverso sistema di coordinate dette “gaussiane” e lo spazio e il tempo si fondono dando origine alla quarta dimensione.

Altre certezze vengono demolite dai fisici pionieri della meccanica quantistica che giungono a costruire una rappresentazione del mondo fondata sul comportamento degli elementi fisici su scala atomica e subatomica.

Dai loro studi si giunge all’elaborazione di tre principi che sono concettualmente rivoluzionari:
1) le informazioni contenute in qualsiasi sistema sono sempre finite e limitate;
2) la situazione di un sistema non è data esclusivamente dalla storia che l’ha prodotto;
3) la conoscibilità di un sistema è data nella misura delle sue relazioni.

La portata di queste tre intuizioni ha un impatto formidabile non solo sulla scienza, ma anche sul nostro approccio al mondo conoscitivo.

Si ha la consapevolezza che la realtà può essere compresa solo su base probabilistica.

A questo punto sorge una contraddizione perché la meccanica quantistica e la relatività funzionano, ma sono tra loro incompatibili.

Occorre quindi trovare una nuova teoria che riesca a far conciliare le due teorie.

La partita è aperta e arriviamo qui al contemporaneo.

Due sono le teorie più accreditate: la teoria delle stringhe e la gravità quantistica; la sensazione però è che il cammino da compiere sia ancora molto lungo e in salita.

La straordinaria considerazione che possiamo trarre da tutto questo è che, in fondo, noi non viviamo l’universo per come ci viene descritto dalla fisica e dalla matematica, ma conduciamo la nostra esistenza trasportati dai sensi e dalle relazioni umane.

Quello che non viviamo direttamente, tuttavia, è la realtà nelle sue componenti costitutive.

Di fronte a quest’apparente antinomia, che comunque tiene in equilibrio la nostra vita altrimenti assolutamente priva di senso, si inserisce l’artista Agathos che, partendo dalle conoscenze dello scienziato, sviluppa il suo linguaggio artistico-matematico.


La Transgeometria

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La trans geometria è lo sforzo estremo, dal punto di vista epistemologico, di umanizzare principi e concetti altrimenti assolutamente fuori portata.

La transgeometria si sviluppa in uno spazio pentadimensionale che, oltre alle quattro dimensioni – lunghezza, larghezza, profondità e spazio-tempo –, ha una quinta coordinata, di tipo qualitativo, ma a cui corrispondono valori ordinabili, legata alle proprietà cromatiche.

Tale coordinata si muove nel range fra 0 e 1 e assume valore 0 se il punto ha il colore bianco assoluto, valore 1 se ha il colore nero assoluto.

Il valore della quinta coordinata non definisce la posizione del punto ma la sua colorazione, quindi la sua “individuazione”.

Secondo tale impostazione “fuzzy” la geometria dell’universo adimensionale strutturata secondo scale di sfumature di enti geometrici elementari.

Agathos è ben piantato nel Novecento artistico e acquisisce in pieno le lezioni di Mondrian, Kandinskij e Fontana.

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Il suo sforzo di andare oltre lo conduce a rappresentare la realtà nei suoi elementi essenziali, frazionandola nei campi di forza che costituiscono le leggi base della natura dove domina il principio fondamentale dell’equilibrio.

I riferimenti cromatici di Agathos, nel range bianco-nero, sono fortemente ispirati all’arte di Kandinskij, che conferisce al colore una funzione spirituale.

Il colore può esercitare due azioni sullo spettatore: un “effetto fisico”, superficiale e basato su sensazioni momentanee, determinato dalla registrazione da parte della retina di un colore piuttosto che di un altro, e un “effetto psichico”, dovuto alla vibrazione spirituale (prodotta dalla forza psichica dell’uomo) attraverso cui il colore raggiunge l’anima.

La realtà diventa un velo di Maya e cela le contraddizioni e il caos.

Il Caos, la legge suprema che regola il tutto.

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Il Caos

Ma il caos esiste o è il modello matematico che utilizziamo a essere inadeguato alla spiegazione di processi universali?

E, soprattutto, i processi sono universali o basati su concetti che al momento ci sfuggono?

Il lavoro di Agathos è inoltre strettamente legato al percorso tracciato da uno dei grandi artisti italiani del Novecento, Lucio Fontana.

Per chiunque si misuri con il concetto di spazio è ineludibile un confronto con il caposcuola dello Spazialismo.

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La ricerca di Fontana non si concretizza esclusivamente nella rottura con la bidimensione, rappresentata dalla tela lacerata, ma dalla decostruzione che mira all’essenziale e alla ricerca di un altrove spaziale capace di dare una rappresentazione reale dell’esistente.

Per fare ciò, Fontana non esita a rompere le regole considerate inviolabili per la pittura.

La creazione del linguaggio transgeometrico di Agathos si inserisce a pieno titolo nella famiglia dello Spazialismo, e va oltre, perché non ha bisogno di lacerare la tela per trovare altro rispetto alla bidimensionalità, ma è costruttore di nuove dimensioni.

Lo sforzo è notevole ed è teso a creare un nuovo paradigma interpretativo che schiaccia tutte le certezze e tutte le verità.

Lo spazialismo transgeometrico si basa su una semiologia complessa che riesce a confermare e a rafforzare maggiormente le componenti costitutive dell’intera opera adimensionale, che designa un universo in cui le leggi fisiche e matematiche vengono applicate in una descrizione puntuale e irriverente del mondo di cui lo spettatore scopre all’improvviso di non conoscere nulla e che disvela la realtà nella sua complessità rendendo lo spettatore componente creativo dell’universo che lo circonda e trasformandolo in scienziato o, forse, in artista.

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