Giancarlo De Cataldo breve biografia e contenuti dei suoi libri
Giancarlo De Cataldo, nato a Taranto nel 1956, vive a Roma dove è giudice presso la
Corte d'Assise.
Romanziere, saggista, traduttore, autore di testi per il teatro, la radio e la tv, collabora con La Gazzetta del Mezzogiorno, Il
Messaggero, Il Nuovo, Paese sera e Hot!.
E' tra gli autori della sceneggiatura per la fiction TV "Paolo Borsellino".
Dal suo primo libro "Nero come il cuore" pubblicato nel 1989, un poliziesco ambientato a Roma, è stato tratto un film con lo
stesso titolo diretto da Maurizio Ponzi e interpretato da Giancarlo Giannini nel 1991.
Tra le sue opere meglio riuscite e che ha avuto già tre ristampe è "Minima criminalia", un saggio in forma narrativa
che raccontale sue esperienze di giudice; questo libro è stato adottato nel corso di Sociologia Giuridica dell’Università di
Salerno.
A questo libro di successo sono seguiti "Il padre e lo straniero"
(1997), un romanzo intrigante, "I giorni dell'ira. Storie di matricidi" (Feltrinelli 1998), quattro storie narrate in prima
persona dagli assassini, "Teneri assassini" (Einaudi Stilelibero 2000), sei racconti di giovani omicidi nella Roma d’oggi.
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Paolo Crepet, è quello che ha fatto più strada nel mondo parallelo del cinema con "Crimini",
di Michele Placido e in TV con il serial "Romanzo Criminale" dopo aver vinto nel 2003 i Premi Giorgio Scerbanenco, Camaiore
Giallo, Biblioteche di Roma e Sandro Onofri.
Le opere di Giancarlo De Cataldo sono legate per la maggior parte a storie di crimini e di criminali reali, come e vicende della banda della
Magliana, le stragi di stato, la mafia internazionale, i traffici illegali di Roma, la storia oscura e segreta d'Italia.
Giancarlo de Cataldo coltiva da sempre una grande passione per le poesie e le canzoni di Leonard Cohen ed ha pubblicato un'antologia
con poesie tratte da due collezioni, Flowers For Hitler, del '64, e The Energy Of Slaves, del '72 "L'energia degli schiavi" (Minimum
Fax).
Molte delle opere del Giudice scrittore sono state scritte a quattro mani.
Le prime righe di Romanzo Criminale

Se ne stava rannicchiato fra due auto in sosta e aspettava il prossimo colpo cercando di coprirsi il volto. Erano in quattro. Il più
cattivo era il piccoletto, con uno sfregio di coltello lungo la guancia. Tra un assalto e l'altro scambiava battute al cellulare con la
ragazza: la cronaca del pestaggio. Menavano alla cieca, per fortuna. Per loro era solo un gran divertimento. Pensò che potevano
essergli figli. A parte il negro, si capisce. Pischelli sbroccati. Pensò che qualche anno prima, solo a sentire il suo nome, si
sarebbero sparati da soli, piuttosto che affrontare la vendetta. Qualche anno prima. Quando i tempi non erano ancora cambiati. Un
attimo fatale di distrazione. Lo scarpone chiodato lo prese alla tempia. Scivolò nel buio.
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- Annamo, - ordinò il piccoletto, — me sa che questo non s'alza più!
Ma si alzò, invece. Si alzò che era già buio, con il torace in fiamme e la testa confusa. Poco più avanti c'era una fontanella. Si
ripulì del sangue secco e bevve una lunga sorsata d'acqua ferrosa. Era in piedi. Poteva camminare. Per strada, automobili con lo stereo
a tutto volume e gruppi di giovani che giocherellavano col cellulare e schernivano il suo passo sbilenco. Dalle finestre le luci
azzurrine di mille televisori. Poco più avanti ancora, una vetrina illuminata. Si considerò nel riflesso del vetro: un uomo piegato, il
cappotto strappato e macchiato di sangue, pochi capelli unti, i denti marci. Un vecchio. Ecco cos'era diventato. Passò una sirena.
D'istinto si appiatti contro il muro. Ma non cercavano lui. Nessuno più lo cercava.
— Io stavo col Libanese! — mormorò, quasi incredulo, come se si fosse
appena appropriato della memoria di un altro.