Disagio sociale


Il disagio sociale


Oggi, nella nostra società, questa condizione è molto diffusa.

Vediamo di capire il perché.

Prima di tutto cosa si intende per "disagio sociale"?

Il senso di disagio è tipico di chi soffra di inadeguatezza, timidezza, senso di inferiorità.

In termini tecnici si chiama "ANOMIA".

Freud aveva commesso l'errore di non considerare questo malessere al di fuori dei genitori. Adler, allievo di Freud, la pensava diversamente, ed aveva senz'altro ragione!

Perché è così diffuso nella nostra società?

Il motivo è semplice: più una società si evolve creando una struttura sempre più complicata, più le nuove generazioni soffriranno di difficoltà ad inserirsi e sentirsi all'altezza delle aspettative.

In altre parole, come ho avuto modo di sottolineare in molti altri articoli, quando una società punta tutto sulla competitività (spinta dal mondo produttivo che impone sempre più beni superflui alle popolazioni), più la gente si sentirà sempre carente di qualcosa.

Che sia un paio di scarpe nuove, del modello che quest'anno vanno di moda, o che sia un nuovo tipo di yacht, il problema non cambia.

I giovani sono spinti in questa direzione sin da piccoli.

Appena in grado di capire gli regaliamo un gameboy, che lo stimola immediatamente a vincere, ad essere bravo, magari più dei suoi compagni.

Da lì in poi è tutto un esempio di competizione e scelte: gli sport agonistici, il modo di vestire, i giocattoli, il successo tra le amicizie, le ideologie politiche, il monopattino, e poi la moto ed infine l'automobile, simbolo estremo di posizionamento sociale.

La famiglia stessa insegna l'agonismo ai figli e proietta su di loro il proprio desiderio (fallito o raggiunto) di successo personale, che diventa il proprio biglietto da visita sociale.

Chi fosse cresciuto in una famiglia austera, che ha negato ogni cosa superflua al proprio figlio, nel gruppo si sentirebbe terribilmente a disagio. Penserebbe d'avere subito una punizione immeritata, oppure magari meritata, ma di cui non sa il perché.

Tutto ciò, poi, si riversa nel mondo lavorativo, con l'iniziale prolungata difficoltà a trovare un impiego che sia dignitoso o addirittura invidiabile.

Nelle aziende c'è più agonismo che in un campo di calcio!

Ed ecco allora sopraggiungere quello stato di disagio di cui stiamo parlando.

Il problema, però, si può manifestare con molti atteggiamenti diversi, vediamoli.

"Ribellione"
Se si rifiutano sia scopi che mezzi socialmente accettati (emarginazione o lotta);

"Conformismo"
Se si subisce tale scompenso e si cerca in ogni caso di raggiungere gli obiettivi sociali con mezzi legittimi (debolezza e assenza di libertà);

"Devianza"
Se si sceglie di raggiungere gli “obiettivi normativi” rifiutando però i mezzi legittimi (diventare ricchi ma con la frode)

"Ritualismo"
Se si seguono le norme senza condividere gli scopi sociali (comportamento burocratico).

"Isolazionismo"
La solitudine può dare luogo a sintomi diversi, a seconda del tipo di isolamento che si prende in considerazione (la differenza principale è tra emarginazione sociale e individualismo estremo).

"Timidezza"
I sintomi più evidenti di timidezza sono la tendenza a isolarsi e a rimuginare su situazioni di disagio, avere frequenti pensieri aggressivi e autodistruttivi, provare un senso di inferiorità e scarsa fiducia in se stessi.

Questi stati d'animo sono anche facilmente visibili perché espressi con tremore delle mani, dei piedi, della voce, improvvisi arrossamenti del viso, sudorazione eccessiva, palpitazione, brividi, salivazione eccessiva oppure secchezza della bocca, balbuzie, tic nervosi.

Anche a livello mentale ci sono manifestazioni facilmente imputabili a questi stati d'animo.

I pensieri si accavallano velocemente, senza capacità di gestione. L'agitazione blocca la forza di far fronte ad una situazione.

la timidezza nel Disagio sociale


Con la timidezza si cade facilmente nella sottomissione, soprattutto se il timido è una personalità con marcato senso di inferiorità, oppure si cade nella aggressività, quando il timido maschera la propria insicurezza manifestando spavalderia. Un esempio per tutti: le baby gang.

Alla radice della timidezza c'è una concezione negativa di sé: il timido non riesce a stabilire un contatto con gli altri perché non si ritiene all'altezza, mentre gli altri, a loro volta, hanno la sensazione di essere respinti e si allontanano.

Tale disistima è un disturbo multifattoriale che può avere origini biologiche (eventualmente ereditarie), psicodinamiche (legate alle vicende personali del soggetto) oltre che sociologiche (ovvero connesse all’ambiente, all’epoca e alla cultura di riferimento).

Se non viene fornita una educazione adeguata ai problemi della società, il giovane non può essere capace di frenare e gestire le sue aspettative, che gli sono state inculcate dai vari modelli di riferimento.

In questo caso, constatando di non sapere raggiungere i risultati che gli sono imposti, cade in un inevitabile stato di frustrazione.

Ciò accade sempre più proprio a seguito della sempre maggiore complessità sociale, come ho già accennato.

Troppa tecnica (in continua evoluzione), troppi mestieri che paiono irraggiungibili o che non sono disponibili, troppa concorrenza, troppi stimoli a competere, troppo agonismo sportivo, troppa importanza dell'estetica, troppe tentazioni d'ogni genere, insomma.

La reazione consiste così nel sentirsi troppo poveri, troppo brutti, troppo deboli, troppo poco furbi (non intelligenti, ma furbi!), troppo inabili in un sacco di cose, troppo poco colti (ma questo non è un gran problema, visto che l'ignoranza fa parte della maggioranza!).

In una società contadina, per esempio, è molto facile per il giovane integrarsi e sentirsi a suo agio, quando non deve far altro che seguire le orme paterne, se non subisce tentazioni violente al di fuori dell'ambito famigliare.

Altrimenti, se dotato di buone qualità, farà il possibile per trovare un impiego diverso, che gli dia molte più soddisfazioni.

E' un processo storico già visto. I giovani che abbandonano la campagna per andare a fare gli operai in città.

Un altro elemento di disagio sociale può essere prodotto dalla solitudine forzata.

Lo abbiamo visto recentemente in occasione del Covid, ma succede anche per casi più personali, come la separazione dal coniuge o la vita da single in mancanza di coraggio per la ricerca del giusto partner.

La solitudine cronica, dolorosa e infruttuosa (e non imposta da condizioni fisiche invalidanti) può anche essere generata da altri molteplici fattori, come ad esempio una perdita o abbandono importante o un esasperato individualismo indotto dal sistema socio-culturale predominante in Occidente.

Il fenomeno può colpire a qualsiasi età, ma è senz'altro molto più frequente in giovane età. Una spiegazione ce la può dare la psicologia.

Le 5 fasi principali dello sviluppo

le fasi psicosessuali


Sono le fasi di sviluppo dell'individuo, secondo Freud, ovvero fase orale, fase anale, fase fallica, fase latente e fase genitale.

Fase orale
Il tipo orale chiede sempre qualcosa adottando talora una strategia aggressiva e a volte un atteggiamento timido e implorante.

Le fissazioni orali hanno come caratteristica comune l'inclinazione verso comportamenti che coinvolgano il cavo orale: mangiare, fumare, bere, succhiare, ecc.

La personalità orale è avida di prendere dall'esterno e di trattenere gli elementi.

Si tratta di persone con una spiccata tendenza narcisistica, concentrate su se stesse; non riconoscono gli altri come separati da sé, in quanto considerati solo in relazione a ciò che possono offrire, come se fossero un nutrimento.

Nell'adulto le manifestazioni comportamentali di questo tipo di personalità includono: tabagismo, alcolismo, ma anche logorrea.

Fase anale
La fase anale si manifesta in un'età compresa fra 1 e 3 anni circa.

Durante questo periodo gli interessi del bambino si spostano dalla zona orale a quella anale, in concomitanza con l'acquisizione del controllo delle funzioni sfinteriche.

Il bambino trae appagamento dal controllo autonomo degli sfinteri; il controllo e l'espulsione dei prodotti del proprio corpo costituiranno, oltre che una forma di gratificazione, uno strumento di regolazione delle relazioni con l'ambiente circostante.

Il bambino nutre interesse verso i propri escrementi; spesso l'espulsione è accompagnata dalla paura di una perdita e da un senso di incompletezza.

Fase fallica
La fase fallica si manifesta durante un'età compresa tra i 3 e i 6 anni circa, succedendo alla fase anale e precedendo la fase di latenza, che conduce poi alla fase genitale.

Nella fase fallica l'energia libidica si sposta dalla regione anale alla regione genitale, che diviene la zona erogena deputata all'appagamento delle pulsioni.

Il bambino inizia ad esplorare le proprie zone genitali, scoprendo il piacere che ne deriva ed il dimorfismo sessuale; entrambi i sessi manifestano in questo periodo un comportamento fortemente esibizionista.

Durante questa fase avviene lo sviluppo del Super Io, ma anche il complesso di Edipo (nei maschi) o di Elettra (nelle femmine).

Fase latente
Dura dai 6 anni fino alla pubertà. La fase latente in sostanza non è una fase psicosessuale, in essa la libido è "dormiente". Serve al bambino per sviluppare amicizia con membri dello stesso sesso e per focalizzare la sua attenzione sulle attività che caratterizzeranno il suo sviluppo fisico.

Fase genitale
La fase genitale ha inizio con la pubertà, protraendosi poi per tutta la vita dell'individuo, consentendogli di sviluppare relazioni significative con il sesso opposto o, in presenza di attitudini omosessuali, con il proprio stesso sesso, grazie all'energia libidica nuovamente concentrata nella zona genitale.


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Come affrontare il problema del disagio sociale?

Scoprire la propria via al benessere, imparare a pensare con la propria testa, distinguere i comportamenti acquisiti da quelli spontanei, riappropriarsi del diritto all’errore e convincersi del fatto che nella vita non esistono “fallimenti” ma solo modi diversi di imparare da ciò che ci succede.

In questo percorso potrebbe essere utile cercare il sostegno esperto di uno psicoterapeuta, in particolare, volendo, di uno specializzato in analisi transazionale, che aiuta a riappropriarsi della spontaneità, o che segua un approccio di psicologia positiva, che focalizza il lavoro terapeutico sullo sviluppo della sfera positiva degli stati d’animo.

Per la timidezza estrema, è molto utile la tecnica dell’esposizione basata sulla terapia cognitivo comportamentale: la persona timida stende una lista di situazioni per lui particolarmente ansiogene, dalla più lieve alla più marcata, e si esercita nell’attuazione della prima fino a quando non riesce a gestirla, poi passa alla successiva e così fino all’ultima.

Un ulteriore percorso di crescita che si potrebbe seguire è quello della psicologia individuale, che lavora sulla costruzione di una strategia di compensazione del sentimento di inferiorità.

Naturalmente sarebbe la società stessa a doversi rendere conto di questi problemi generazionali e comportamentali, frenando la propria avidità consumistica e modificando radicalmente i modelli da fornire ai giovani perché vi si ispirino.

Ma la riforma è quasi impensabile, data la complessità dei meccanismi e gli interessi commerciali in gioco.

Resta la possibilità che siano i genitori stessi a modificare i loro comportamenti, ma ciò dovrebbe avvenire in modo sincronizzato e coerente, per non far soffrire quelli costretti a maggiore controllo e limitazioni.

Se i genitori seguissero corsi di apprendimento per la corretta educazione della prole, si otterrebbero nuove generazioni molto più psicologicamente equilibrate, responsabili, disponibili alla cooperazione, gratificate dalla loro vita.

Come sempre le azioni negative non sono mai o quasi mai, imputabili a chi le commette, ma alla formazione ed equilibrio psicologico che ha potuto sviluppare. Non dimentichiamolo!

Autore: Enrico Riccardo Spelta

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