Figlio di esuli e spirito inquieto, Antonio Bueno ha trasformato una vita segnata da viaggi e contaminazioni in un’arte originale, colta e sorprendentemente libera.
Antonio Bueno non è stato soltanto un pittore, ma un personaggio che con la sua vita e il suo percorso ha incarnato l’idea stessa di artista libero e inclassificabile.
Le sue origini contribuiscono a spiegarne l’eclettismo. Nato nel 1918 a Berlino da padre spagnolo e madre polacca di origine ebraica, cresce in una famiglia segnata dalle fughe e dagli esili. Il padre, giornalista e scrittore, aveva lasciato la Spagna per ragioni politiche già prima della dittatura franchista, mentre la madre, cosmopolita e inquieta, porta con sé il peso della diaspora ebraica.
Questo intreccio di identità e provenienze, così diverso dall’idea tradizionale di radici stabili, diventa la cifra stessa della personalità di Bueno.
Trasferitosi in Italia, Antonio cresce accanto al fratello Xavier Bueno, anch’egli destinato a una luminosa carriera pittorica. La Firenze del dopoguerra lo accoglie in un clima di fervore culturale e sperimentazione. Qui Antonio entra in contatto con l’ambiente artistico internazionale e sviluppa una formazione che lo porterà a muoversi con naturalezza tra diversi linguaggi pittorici.
Non è un artista che si lascia ingabbiare da una corrente: attraversa il post-macchiaiolismo, il realismo magico, le avanguardie astratte, fino a toccare forme di arte concettuale e pop.
Un passaggio decisivo della sua carriera è l’adesione al Gruppo Numero, fondato a Firenze negli anni Cinquanta. In questo contesto, Antonio Bueno porta avanti una ricerca pittorica fatta di ironia, sperimentazione e distacco dai canoni accademici.
Le sue tele sono popolate da figure stilizzate, colori nitidi, superfici levigate, ma anche da un’ironia leggera che smonta l’enfasi delle grandi correnti artistiche. Bueno diventa così una voce originale, capace di mescolare serietà e gioco, tradizione e modernità.
Nel corso della sua carriera espone in Italia e all’estero, conquistando l’attenzione della critica e del pubblico. Il suo stile, apparentemente semplice, rivela in realtà una profonda riflessione sul rapporto tra immagine e rappresentazione, tra superficie e significato. È pittura che sembra ingenua, ma dietro la facciata si nasconde un raffinato lavoro di ricerca.
Antonio Bueno muore a Firenze nel 1984, lasciando un’eredità difficile da racchiudere in un’unica definizione. È stato un artista che ha fatto della libertà la sua cifra, e la sua biografia, segnata dalle fughe e dalle contaminazioni, non poteva che tradursi in una pittura aperta, curiosa e mai definitiva. Una lezione che ancora oggi invita a guardare l’arte senza etichette, cogliendone invece la forza vitale.
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