storia dell arte

Un'arte per l'Europa, Asia e Africa

Busto in marmo di Ottaviano

Sotto Augusto, le arti della tradizione ellenica si adattarono per proclamare la permanenza e l'universalità del potere romano. Artisti e artigiani provenienti da Alessandria, Atene, e Asia Minore accorsero alla corte imperiale per creare modelli che celebrassero il migliore dei mondi possibili. Durante gli anni della crisi del regno di Commodo, i maestri svilupparono il linguaggio artistico autonomo che ha portato alle notevoli opere della tarda antichità.

L'immagine duratura di Roma rappresenta uno dei più grandi successi collettivi dell'umanità.

Lo splendore dell'arte imperiale si manifestò dall'ascesa del primo imperatore romano Ottaviano (31a.c.), fino alla deposizione dell'ultimo, Romolo Augusto (476d.c.), proseguì con le dinastie bizantine e risorse ad intervalli nel mondo medievale e moderno dell'Occidente.

Durante il regno di Augusto (31a.c.- 14d.c.), l'arte imperiale, sia nel contesto della celebrazione pubblica o sotto forma di ritratti del sovrano, fu promossa anche a livello sociale ed economico ed esportata fino ai confini più lontani dell'impero.

Questo stato d'animo di fervore ideologico permeò l'arte di tutto il periodo imperiale.


Un impero di simboli

Inattaccabili da qualsiasi sfida, gli archi romani, i ponti, gli acquedotti, le strade, le città murate e le fortezze di frontiera, sono stati i simboli di un potente impero, le cui tracce durature e immutabile esistono ancora oggi e sono visibili dall'Europa fino alla Mesopotamia e al Nord Africa.

Al centro della continua venerazione degli ideali dell'impero per così tante generazioni si colloca la passione per la religione da parte dei romani, ritenuta indispensabile per la sopravvivenza e la fortuna della loro comunità mediante l'osservanza scrupolosa della volontà divina.

Le pratiche superstiziose, minacciate in Italia dalla popolarità della dottrina epicurea, furono adattate per i secoli futuri da Augusto, che le trasformò per renderle fedeli all'immagine del nuovo regime.

Dopo la mitologia ereditata dalla Grecia orientale, che aveva causato molto imbarazzo ai razionalisti, alcuni elementi rimasero come collegamento con le origini storiche essenziali di Roma e servirono ad orientare le credenze tradizionali verso le nuove strutture del dominio imperiale.

Il compito del Pontefice Capo incaricato delle funzioni religiose fu di preservare, sulla base di queste convinzioni, il legame con gli dei, piuttosto che esporre la natura della divinità.

Il passato fu reinterpretato come precursore della storia di Roma, da scrittori come Tito Livio, che iniziarono con Enea e proseguirono con le conquiste dei Romani in accordo con la volontà della provvidenza.

A far rivivere le forme di culto necessarie per il mantenimento dello stato, il personaggio principale della classe dirigente evocava l'aspetto morale dell'antico zelo religioso, adattandolo alle popolari attitudini filosofiche.

I ritratti di Augusto impersonavano sia l'eroico che il divino aspetto delle "azioni" (res gestae) da lui compiute.

Attraversando la "città del marmo" dal Palatino al Campidoglio e Campo Marzio, si era circondati da edifici e monumenti che culminavano col Mausoleo di Augusto, dove l'apoteosi dell'imperatore rendeva leggendarie le sue origini.

L'ingresso del tumulo era allineato con il Pantheon, il luogo dove Quirino, all'inizio di Roma, salì al cielo.

L'Eneide di Virgilio proietta il messaggio verso il futuro.

L'Ara Pacis, l'altare istituito per commemorare il ruolo di Augusto, trasmette il senso dell'investitura messianica e rivela l'eternità di Roma, così come i Saeculare Carmen (una lirica corale) di Orazio e la quarta ecloga di Virgilio.

D'ora in poi, nessun monumento pubblico avrebbe fallito il compito di riflettere, nelle azioni degli eroi ritratti o nelle sue decorazioni sacre e allegoriche, l'essenza eterna di Roma.


Augusto

Statua di Augusto

Alcuni motivi dello stile ellenistico rimasero fino alla ritrattistica ufficiale di Ottaviano, creata dopo il 27 a.c., quando fu insignito del titolo di Augusto.

Tuttavia, queste influenze greche sono stemperate dalla preferenza dei romani di vedere dettagli specifici nella ritrattistica.

Statua di Augusto

Ciò è osservabile nell'impressionante statua in marmo di Augusto di Prima Porta, realizzata dopo il 17 a.c., che, pur basandosi sul modello classico, fu modificata in modo da rimarcare le effettive caratteristiche dell'imperatore.

In Grecia, tra le molte immagini convenzionali, c'è una straordinaria statua in bronzo, raffigurante Augusto a cavallo con tutti gli attributi militari e religiosi.

Il suo collo è lungo e la frangia di capelli è biforcuta sopra la fronte. S'intuisce un corpo esile sotto il mantello, il volto è ossuto e il cranio molto ampio.

Frammento di statua equestre di Augusto

Una certa aria di sfida è provocata dal mento prominente, dalle labbra increspate dalla contrazione nervosa delle guance e dalla concentrazione negli occhi.

Il ricordo della giovinezza contrasta con la cruda verità di un uomo in età avanzata.

La rappresentazione principale di Augusto e altre immagini di lui sono messe da parte dell'artista, che mostra la verità inquietante, ben lontana dall'immagine favorita a scopo di propaganda, i segni di un'adolescenza infelice, i disordini mentali di un uomo anziano che, dietro la maschera inflessibile del potere, non ha mai raggiunto la piena maturità.

Statue di Augusto

La casa di Augusto

casa di Augusto

Pitture murali di scena teatrale - sala delle maschere - casa di Augusto

Ottaviano, rinominato Augusto nel 27 a.c., in origine viveva nei pressi del Foro, ma in seguito si trasferì al Palatino, dove comprò la casa che appartenne all'oratore Ortensio.

Al piano terra della sua casa, nel settore occidentale, inteso ad uso privato, le pitture decorative della cosiddetta Sala delle Maschere appaiono ancora molto fresche e luminose.

Le pareti rappresentano, con abili effetti di illusione, i contorni di un palcoscenico teatrale.

La struttura appare sovrapposta al fondo permanente di pietra, che è animato da rientranze e sporgenze.

L'area centrale riproduce il sipario di tessuto dipinto che copre la porta del palco, con un riferimento al lavoro eseguito.

Sulla parete occidentale un paesaggio sacro, che allude a un gioco satirico. Le linee orizzontali, che in realtà sembrano venire verso il primo piano, convergono in un punto di fuga posto al livello degli occhi del visitatore, in conformità con la teoria geometrica della prospettiva delineata dal filosofo greco Democrito in Aktinographia.

Altrettanto rigorose le norme applicate alla rappresentazione delle ombre. In questo "secondo stile" della decorazione della Casa di Augusto, la prospettiva, che fu più tardi definita del Brunelleschi, fu sostituita da un sistema di punti di vista diversi per le tre sezioni orizzontali del muro (basamento, fascia centrale, e cornicione).

Nella Sala delle maschere il rigore del modello teorico è attribuito ad un pittore della corte di Cleopatra, al seguito del vittorioso Ottaviano già ad Alessandria (28 a.c.).

L'Ara Pacis Augustae

ara pacis

Ara Pacis (Altare della Pace)
L'Ara Pacis è costituita da un recinto quasi quadrato (m 11,65 x 10,62 x h 3.68), elevato su basso podio, nei lati corti del quale si aprivano due porte, larghe 3,60 metri, a cui si accedeva da una rampa di nove gradini; all'interno, sopra una gradinata, si ergeva l'altare vero e proprio.

La superficie del recinto presenta una raffinata decorazione a rilievo, esterno e interno. Nelle scene la profondità dello spazio è ottenuta mediante differenti spessori delle figure.

Durante il periodo da Silla a Cesare (dal 90 al 40 a.c.), gli artisti a Roma provenienti dalle città greche del sud Italia e della Sicilia si erano concentrati sul rilancio di parti dell'antica cultura greca.

Questa tendenza culmina nell'Ara Pacis, o Altare della Pace di Augusto, eretto nel 13 a.c. per celebrare l'era della prosperità e della sicurezza durante il regno di Augusto.

La scultura, che unisce l'influenza ellenistica con il messaggio universale di Pericle di Atene, è uno stile italico realistico della cerimonia di consacrazione e gli fu dedicata il 30 gennaio del 9 a.c.

ara pacis 2

Lato sud
La scena più importante e meglio conservata è sul fianco meridionale, con personaggi della famiglia imperiale. La successione delle figure ricalca un preciso schema protocollare, legato alla successione al trono come era concepita da Augusto attorno al 10-9 a.C. Anche la divisione in primo e secondo piano delle figure (piani che diventano enfaticamente tre nella raffigurazione della famiglia di Augusto e Livia) non è casuale.

La processione ha inizio con la raffigurazione lacunosa di littori (secondo la tradizione dodici), un camillo che porta la cassetta sacra del collegio pontificale (l'acerra) e il lictor proximus, che cammina all'indietro: egli secondo la tradizione infatti non volge le spalle al magistrato e al sommo sacerdote.

Seguono quindi una serie di togati, a partire dall'imperatore Augusto col capo velato nella veste di pontefice massimo. Chiudono il corteo ufficiale, in primo piano, i quattro flamines maiores (dialis, martialis, quirinalis e iulialis). Il Flamine iulialis è quello dotato di un vera e propria fisionomia, questo perché era un vero parente di Augusto, Sesto Appuleio. L'ultimo personaggio religioso è il flaminius lictor, col capo coperto e l'ascia sacra sulla spalla.

A questo punto, dopo un netto stacco, inizia la processione della famiglia imperiale, coi personaggi disposti secondo la linea dinastica all'epoca della costruzione dell'altare.

Ara Pacis, dettaglio

Per primo si trova Agrippa, morto nel 12 a.C., pure col capo coperto, posto di profilo; seguono il piccolo Gaio Cesare (nipote e figlio adottivo di Augusto), Giulia maggiore, figlia di Augusto, o Livia, sua moglie, prima di Tiberio, suo figlio; sconosciuto è il personaggio in secondo piano; la donna dopo di lui è Antonia minore, che tiene per mano il piccolo Germanico, figlio di lei e di Druso maggiore, il quale si trova subito dopo; il gruppo seguente è di Antonia maggiore e i suoi figli Gneo Domizio Enobarbo (futuro padre di Nerone) e Domizia Longina, seguiti da suo marito Lucio Domizio Enobarbo; il personaggio che fa cenno di silenzio a questi bambini parrebbe non essere né Mecenate né Orazio, secondo alcune interpretazioni proposte, ma uno degli Appulei, forse Marco console nel 20 a.C., figlio di una sorellastra di Augusto e fratello del Flamine iulialis.

Lato nord
Il lato nord è peggio conservato e ha quasi tutte le teste dei personaggi rifatte nel XVI secolo. In cima prosegue la processione secondo l'ordo sacerdotum, con gli auguri, forse recanti dipinti o le insegne del loro potere, e i quindecemviri sacris faciundis, riconoscibili dal camillo con l'acerra dai simboli di Apollo; seguono i septemviri epulones, anch'essi identificabili dai simboli dell'acerra del secondo camillo.

Riparte poi, in parallelo con la processione del lato sud, la sfilata dei personaggi della casa imperiale, aperta da Lucio Cesare e da sua madre Giulia maggiore, figlia di Augusto (che quindi sarebbero alla stessa altezza di Agrippa, sull'altro lato); segue un fanciullo abbigliato come un camillo, forse il figlio di Iullo Antonio. A questo punto è la volta di Claudia Marcella maggiore col console Iullo Antonio, e la piccola Giulia minore; poi Claudia Marcella minore, il figlio e il marito Sesto Appuleio, console nel 29 a.C., del quale i resti sono molto scarsi.

Piantina Ara Pacis

La successione al trono quindi era rigidamente raffigurata in due rami principali, corrispondenti ciascuno a un lato, e iniziava quindi da Giulia o da Agrippa, coi relativi figli, poi i figliastri di Livia (Tiberio e Druso), seguite dalle due Antonie e le due Marcelle.

Per molti secoli a venire, questa composizione caratterizzerà la propaganda dinastica.

Nella parte bassa si ha un'ornamentazione naturalistica di girali d'acanto e, tra essi, piccoli animali (per esempio lucertole e serpenti). I girali si dipartono in maniera simmetrica da un unico cespo che si trova al centro di ogni pannello. Possiamo notare un'eleganza e una finezza d'esecuzione che riconducono all'arte alessandrina. La natura viene infatti vista come un bene perduto, secondo uno dei temi della poesia di quel tempo: basti pensare a Virgilio e Orazio.

Il ritmo ipnotico delle spirali cambia per l'arresto improvviso della processione all'ingresso del luogo, permettendo ai partecipanti di raccogliere le loro vesti o girarsi, mentre una figura ammantata in sottofondo, simbolo dell'inverno, pone il suo dito sulle labbra per imporre il silenzio sacro.

Classicismo

Marcus Vipsanio Agrippa

Augusto affidò la continuità delle sue idee a forme di indiscutibile bellezza.

Roma appare come la proiezione ingrandita della dominante città-stato greca, il suo archetipo è l'Atene di Pericle.

La tradizione figurativa ellenica fu riconosciuta soprattutto nella decorazione di edifici civili e religiosi a Roma.

Una legge fu anche proposta (ma non approvata) da Agrippa. La valorizzazione del patrimonio di Roma fu garantita dal classicismo, che rafforzò l'accettazione di esperimenti ellenici.

Tutti gli artigiani al lavoro su specifici modelli, rispettavano una sola volontà, orgogliosi d'essere parte di una impresa collettiva, la trasposizione allegorica di Roma, a cui Augusto conferì il carattere di Entità Suprema.

Nel ritratto ufficiale del principe, a cui s'aggiunse il titolo di Augusto nel 27 a.c., i tratti del viso furono adattati per soddisfare le regole delle statue classiche e il taglio di capelli fatto per assomigliare a quello degli eroi di Policleto.

Per la corte e i cittadini nei poderi periferici e nelle città di provincia, che stavano seguendo l'esempio di Roma, le botteghe degli scultori ateniesi furono costrette a produrre copie di opere originali degli scultori greci più famosi, come Mirone e Lisippo.

Ciò creò la moda più popolare di arredare una casa o una villa. Alcuni artisti si trasferirono in Italia e fornirono una vasta gamma di calchi, che arricchirono le collezioni di Roma. I capolavori più famosi del momento furono copiati anche se risultava difficile catturarne lo spirito poetico originale, poiché il risultato finale dipendeva dalla capacità dell'artista di infondere nella sua copia l'originale vitalità ed energia.

A Baia, un laboratorio possedeva gli stampi di decine di opere famose di Atene, dai quali ricavarono statue e bronzi.

Molte di queste statue sono state ritrovate nella Villa dei Papiri di Ercolano dove, insieme alle immagini del titolare, giacevano le teste dei filosofi fianco a fianco con i busti di guerrieri e immagini di eroi, come Achille e Pentesilea, e divinità tra cui Minerva, Apollo, Diana.

Hermes, Bacco ed Eracle, in pitture murali note come il "secondo stile" (secondo i quattro stili pompeiani), si presentavano con forme architettoniche che davano un'illusione di spazio, al centro del quale riproduzioni di capolavori ellenistici mostravano scene mitologiche.

Bagni pubblici

Piantina delle Terme di Diocleziano

Piantina delle Terme di Diocleziano

Durante il periodo imperiale, la popolarità dei bagni pubblici segnò un'inversione di tendenza rispetto alla tarda età repubblicana, quando la privacy era predominante.

Il lavatrina, una piccola sala per le abluzioni in case private, fu sostituita da istituti comunali. Il balaneia o bagni pubblici che ebbe origine in Sicilia e in Grecia, offriva acqua calda e bagni di vapore, utilizzando un sistema di aria calda che passava attraverso condutture sotterranee (hyperkausterion).

Il valore igienico di questo sistema fu sottolineato nel Santuario di Epidauro, dove veniva integrato il sistema originale greco con nuove strutture d'età romana.


Terme di Traiano

Inizialmente, i bagni pubblici costruiti a Roma erano conosciuti come Balnea (III secolo a.C.), e quindi terme, ancora di derivazione greca (thermos che significa "caldo"). I bagni erano regolarmente ispezionati per la pulizia e la temperatura: più tardi, questi ispettori furono chiamati curatores thermarum.

Terme di Traiano

I romani realizzarono la combinazione delle parole greche "bagni" (loutra) con "palestre" e presto ebbero zone speciali dedicate anche all'esercizio fisico. Le Terme di Agrippa (19 a.c.) furono costruite su scala monumentale, con tanto di parco e una enorme piscina.

Le Terme Centrali di Pompei (ancora incomplete nel 79 d.c.), si basavano sui precetti di Vitruvio, ingegnere militare e autore del De architecturea.

Uno degli architetti di Nerone introdusse il piano assiale e simmetrico (62 d.c.), successivamente sviluppato da Apollodoro di Damasco nelle Terme di Traiano, dove fu costituita una sezione separata per le attività culturali con le librerie di latino e greco e sale (auditorium) per lezioni e conferenze.

Terme di Diocleziano

Questo progetto divenne ancora più ampio nei complessi urbani successivi di Caracalla e di Diocleziano.

I visitatori seguivano la sequenza rituale dallo spogliatoio, alla palestra caldarium (sala calda), al tepidarium (sala tiepida) e infine al frigidarium (sala fredda), ove si poteva godere di abbellimenti statuari e decorativi, che comprendevano molti soggetti diversi: atleti, ninfe, danza, ecc.

Nelle parole di un epigramma anonimo: "I bagni, il vino e l'amore hanno corrotto i nostri corpi, ma sono la vita".


Terme di Diocleziano

Alessandro e Augusto

Alessandro Magno

La diffusione del messaggio imperiale era una reminiscenza del regno di Alessandro Magno (356-323 a.c.).

Le conquiste di Roma rivaleggiavano con quelle della Macedonia, in termini di conquista territoriale, garantendo una maggiore stabilità.

Tuttavia, subito chiaro che l'Impero Romano non condivideva nulla, e non era comparabile con qualsiasi monarchia greca: queste illusioni erano state spazzate via da Cesare.

Quando il giovane Ottaviano visitò la tomba del fondatore di Alessandria, si rifiutò di guardare i resti del re Tolomeo, dichiarando che era venuto a vedere un re, non un cadavere.

Roma aveva sottomesso il regno di Macedonia e tutti gli altri che ne derivavano, al fine di sancire il destino universale di Alessandro.

La consolidata strategia di contatti formali veniva sostituita dall'annessione, una forma integrale di governo in cui era riprodotta l'immagine onnipresente di Augusto, come lo era stata quella di Alessandro, col significato di incarnazione vivente del regno che tutto abbraccia.

Artisti, con le loro responsabilità di perpetuare i volti di eroi umani e le loro opere, erano parte della cultura, e necessari come gli avvocati, i medici e i funzionari statali per la salvaguardia dell'umanità.

Un risultato della visione romana fu che la cultura greco-latina s'era resa tangibile e duratura grazie alle forme monumentali.

L'architettura, la pittura e la scultura assunsero un ruolo determinante, analogo nella società a quello attribuito alla filosofia greca.

Aristotele sosteneva che la logica era il fondamento della ragione e il fulcro di qualsiasi discorso. Perfino la conversazione si trasformò: nei trattati romani era il risultato pratico dell'eloquenza che era diventata la più alta espressione dell'attività intellettuale.

La produzione artistica era un "discorso dimostrativo", affidato a specialisti il cui compito era quello di immortalare le funzioni e le cerimonie collettive o dei singoli servizi.

Arte pubblica

Rilievo commemorativo della guerra con la Dacia

La fine della lotta di classe e la guerra civile, contribuirono a creare un nuovo senso di coesione nella società.

Dal tempo dei primi re fino alla metà del periodo repubblicano, i conflitti tra patrizi e plebei avevano sottolineato il contrasto tra l'arte nativa e le opere destinate ad una aristocrazia che fu cautamente ricettiva dei modelli ellenici.

Ora era difficile isolare l'arte "plebea", nel senso storico di questa classe sociale. Sin dal tempo di Augusto, Roma aveva già stabilito un equilibrio tra le due fazioni, determinando una struttura più omogenea di governo.

Augusto aveva scelto di far rivivere il titolo di "tribuno del popolo", che avrebbe potuto rendere inviolabile la sua persona e il suo diritto a legiferare.

Il ripristino della pace interna, dopo la definitiva sconfitta di Marco Antonio aveva rimosso la minaccia più grave per l'unità romana.

La pianificazione ufficiale gradualmente cedette il passo al mecenatismo privato, il livello di vita della classe media migliorò e il potere d'acquisto si moltiplicò.

L'umore generale era quello di una celebrazione armoniosa.

I Romani avevano sempre trovato rassicurazione negli scopi e contenuti dei loro monumenti, che tendevano a variare nella forma a seconda del livello pubblico di sofisticazione culturale.

Il nuovo fattore, rispetto alla tradizionale struttura sociale dei tempi repubblicani, era che Roma ormai governava su una popolazione cosmopolita come Alessandro aveva solamente sognato nei suoi ultimi anni in cui aveva incoraggiato gli uomini macedoni a sposare donne persiane.

Sin dall'era ellenica, i Greci s'erano sorpresi della consuetudine dei Quiriti (cittadini romani) di concedere la cittadinanza agli schiavi liberati e addirittura di consentire ai figli di questi schiavi l'accesso alla magistratura.

Il padre di famiglia poteva anche liberare il suo servo straniero e renderlo suo pari.

Ogni romano avrebbe così potuto creare nuovi cittadini, investendoli di prestigio e potere e collaborando al consolidamento di una cultura di massa più complessa e completa di quella di Alessandria.

Alla folla, con desiderava essere presente, con offerte votive, ritratti e monumenti funebri, fu assegnato quell'elemento della cultura greca che aveva già permeato la cultura e l'arte italica plebea: il realismo socialista.

Ciò non fu proprio richiesto dalla gente, ma offerto loro come "panem et circenses".

La combinazione di semplicità e influenza greca può essere vista nella decorazione figurativa dei monumenti commemorativi, una forma d'arte pubblica attuata dallo Stato.

In origine vi era stata la pittura trionfale di età repubblicana, su tele enormi, illustrante le azioni degli eroi vittoriosi.

Queste opere erano state molto più utili ad influenzare la mente collettiva di qualsiasi pittura da cavalletto, paragonabili ai moderni cartelloni pubblicitari.

Nel fronte celebrativo di età imperiale, la politica dello Stato indulgeva ancora sulla parziale popolarità, della combinazione tra semplicità narrativa e spettacolari dispositivi ellenistici.

Nel corso del tempo, il metodo romano di raffigurare la storia romana si radicò talmente nell'immaginario sociale che fino all'età del cristianesimo medievale, fu considerato l'unico stile rappresentativo, e fu quasi come una seconda natura, parte essenziale dell'esperienza visiva della civiltà occidentale.

Non contava affatto quanto i cittadini romani di ogni estrazione fossero diversi nelle loro preferenze personali rivolte ad altre forme d'arte, erano comunque uniti nella loro reazione positiva alla propaganda onnipresente dell'Impero.

Antonia

Antonia minore

Figlia di Marco Antonio e Ottavia (sorella di Augusto) Antonia minore sposò Druso Minore (secondo figlio di Livia) da cui partorì Claudio.

Claudio, imperatore, dopo la morte di Antonia (37 d.c.) le dedicò l'iscrizione "Antonia Augusta" sulle monete, la cui immagine corrispondeva a quella del grande busto noto come la Giunone Ludovisi.

La banda di lana ornata di perle e perline che circondavano il diadema di Giunone è consona al suo ruolo di sacerdotessa del divino Augusto.

Le regine elleniche erano spesso esaltata in questo ruolo ambiguo di sacerdotesse e divinità.

Un esempio perfetto è fornito da questa scultura di corte in stile neo-attico.

Rispetto ai modelli dell'età classica, l'effetto di luce e ombra nella pettinatura si fa più importante e affascinanti boccoli compaiono dietro le orecchie e lungo il collo, alludendo allo stile introdotto da Agrippina maggiore.

La testa, leggermente inclinata a sinistra, è stato inserita nel panneggio di una statua colossale del culto imperiale.

Seneca lasciò un commento irriverente sulla deificazione del defunto imperatore nel suo Apocolocynthosis e il passo dal sublime al ridicolo fu presto fatto.

Le tombe dei liberti

Liberti

Caratteristica del mondo romano, i clientes (o liberti) sono stati letteralmente i seguaci plebei dei patrizi, ai quali hanno fornito servizi e fedeltà in cambio di protezione.

La carriera di un politico emergente dipendeva dal numero di clientes che aveva, quindi il loro mantenimento veniva considerato come investimento economico.

Gli schiavi liberati diventavano cittadini e rimanevano seguaci dei loro patronus (manumitter).

Anche dopo la morte, rafforzavano il prestigio patrizio, con i loro monumenti funerari, lungo le strade al di fuori della città, riportanti iscrizioni che ne proclamavano i legami.

Liberti romani

Liberti romani

Durante il tempo di Augusto, il marmo di Luni sostituì le pietre di travertino per i ritratti scolpiti.

Tagliare la figura alla base del torace era retaggio della tradizione etrusca.

I busti erano scolpiti in grossi frammenti, come se stessero guardando fuori da una finestra, ovvero dalla tomba verso la vita.

I familiari erano posti vicini l'uno all'altro o abbracciati. Le usanze riservate all'immagine pubblica erano ancora una volta controllate da regole della repubblica.

Augusto ordinò l'uso di una toga insolitamente grande come segno di civis romanus e questo stile fu accolto molto favorevolmente dai liberti, con ciò confermando i privilegi da essi conquistati.

Gruppo di Rabirii

Gruppo di Rabirii

I figli nati da un liberto dopo la sua manomissione (atto volontario del loro padrone di togliere lo stato di schiavo), erano liberi da tutte le restrizioni speciali e il figlio di un liberto guadagnava anche il diritto di entrare nell'esercito.

Accanto agli uomini e donne che potevano indossare la toga c'erano i cittadini in armi, avvolti nei loro mantelli, nell'eroica posa di derivazione greca.

Le persone rappresentate, comprese quelle ancora in vita, e le dimensioni del monumento, costituivano una metafora di orgoglio e di speranza di crescita per la famiglia.

Le figure sono molto varie: ognuno con una storia da raccontare: un ricordo del passato e un modello per il futuro. Per esempio, i gesti degli sposi nel gruppo Gratidii racconta una storia d'amore. La statica, la rappresentazione frontale di singoli volti, deriva dalla tradizione italica, ma la composizione complessiva ha elementi sia della classica nobiltà che del sentimento greco.

Tito Flavio Vespasiano

Tito Flavio Vespasiano

Dal regno di Augusto, l'uso di indossare la toga divenne sempre più popolare.

Nella statua in marmo di Tito Flavio Vespasiano (79-81 d.C.), proveniente dal Palazzo Lateranense, la linea del panneggio va dal piede destro alla spalla sinistra, su cui alla fine ricade.

Le ombre sono così dense e le pieghe così fini che sembra un lavoro in bronzo.

L'artista ha combinato tratti grossolani dell'imperatore con un'eleganza raggiunta attraverso l'intaglio delicato, che tra le pieghe rivela sapientemente la posa del corpo sottostante.

Gabinetto pubblico detto Vespasiano

La grande testa è modellata con tocchi incredibilmente leggeri. I piccoli occhi piuttosto inquietanti sono circondati da rughe leggere e incorniciati da un viso squadrato.

Il sorriso sulla bocca prominente suggerisce sia sensualità che ottimismo.

Vicino al piede sinistro si trova un nido di vespe, che è un riferimento alla nonna di Tito, Vespasia Polla, il cui nome deriva dall'insetto, ma anche da Vespasiano, cognome del padre.

Il registro, all'interno del quale c'è un nido d'api ("favo", un'altra allusione fonetica a Flavio nome della famiglia), serve, quindi, non solo come sostegno fisico, ma anche come albero genealogico.

In Italia, per molti anni, nelle città furono installati degli orrendi pisciatoi pubblici che presero il nome proprio di Vespasiano.